Visto che i miei sciocchi commenti sono talvolta perfino accettati dal Corriere della Sera, forse il mio italiano sta migliorando. Lo spero. In ogni caso, per la prima volta, ho deciso di provare a scrivere un articolo solo in italiano su Viewfinder, quindi eccolo per la posterità e il piacere degli italiani masochisti.
Scrivendo più o meno una piccola cosa simile allo stesso tempo per Le Figaro ed Il Corriere, ho notato che quest'ultimo sembra essere maggiormente dotato di sense of humour rispetto al primo, perché questo ha 'moderato' ciò che ho scritto mentre quello lo ha pubblicato senza esitazione. Ma in generale gli italiani non si prendono tanto sul serio quanto i francesi. E nel mondo attuale, si rischierebbero di diventare matti se non fossero capaci di vedere le cose con humour, e soprattutto con filosofia.
Del resto credo che i francesi, rappresentati da un Presidente come Hollande, siano piuttosto obbligati ad esercitare sempre di più humour e filosofia.
Ma lo scopo di quest'articolo è discutere sul Premio Nobel per la Pace, interrogandomi sulla saggezza e la logica di scegliere l'Europa come vincitore di un premio che forse una volta aveva un significato più reale e prestigioso.
In primo luogo, quanti secoli ci sono voluti all'Europa per arrivare a capire che è meglio finirla da far la guerra con i vicini? In secondo luogo, consideriamo le conseguenze terribili del Trattato “vendicativo” di Versailles, come quelle, evidentemente atroci, della seconda guerra mondiale, compresi gli accordi anche fatali di conseguenze di Yalta.
Insomma, diciamo chiaramente, l'Europa non merita alcun premio di pace per avere finalmente capito che è meglio, nel comune interesse, far la pace in luogo della guerra con i vicini. Benché manifestamente il Kossovo non c’entri. E neppure la Libia. Ci devono essere dunque eccezioni geopolitiche alla regola.
Poi occorre ricordarsi che in ogni caso a volte è necessario far la guerra per ottenere una pace durevole.
Immaginiamo per esempio che dopo la visita di Ahmad Shah Massoud nell’aprile 2001, l'Europa avesse capito molto bene quale fosse la posta in gioco in Afghanistan. Immaginiamo che Chirac stesso si fosse rivelato un uomo dotato di una grande visione e capacità decisionale. (...) Che quest'uomo avesse quindi persuaso con un argomento sensato ed irresistibile tutti i francesi, gli inglesi, gli italiani e perfino i tedeschi ad aiutare Massoud per sconfiggere i talibani.
Proviamo ad immaginare un po' le conseguenze: i talibani totalmente demoliti, svuotati quindi di ogni entusiasmo, senza alcuna fiducia per continuare il loro jihad internazionale. Massoud ancora vivo per realizzare infine il suo sogno: la democrazia (davvero) di Afghanistan.
Non ci sarebbe stato alcun attacco contro le torri gemelle. Non ci sarebbe stata quindi alcuna guerra in Iraq, non ancora almeno. Non ci sarebbe alcuna guerra interminabile in Afghanistan.
Ci sarebbe stata una vera democrazia per il popolo afgano, in luogo di una fabbricazione fraudolenta sostenuta senza vergogna dagli Stati Uniti.
Il delirio continua immaginando che quella democrazia esemplare afgana ispirerebbe allora la primavera araba, l'estate araba e l'autunno arabo senza troppi conflitti né il bisogno di un inverno arabo.
Saddam Hussein, seguito da Mu'ammar Gheddafi deciderebbero anche di democratizzare i loro paesi. Tutti e due avrebbero potuto allora essere insigniti del premio Nobel..
Assad ed Ahmadinejad, isolati ed invidiosi di Saddam e Gheddafi a proposto del premio, deciderebbero allora di (quasi) democratizzare l'Iran e la Siria, a patto che possano continuare a rappresentare il loro paesi come capi di Stato.
In breve, siccome la storia è costruita di un tessuto di conseguenze, nessuno merita un premio per l'immobilismo.
Ci si domanda perché mai Obama fu insignito del premio Nobel. Perché allora Chirac e tutti i ni-ni-istes francesi (coloro evitando di impegnarsi, gli inconcludenti e quasi immobili) hanno mai ricevuto il Nobel? Se evitare il confronto è interpretati come rappresentare la pace, c'è qualcosa che davvero non va.
Come diceva Churchill : 'An appeaser is one who feeds a crocodile, hoping it will eat him last.' ('un appeaser o pacificatore è quello che dà a mangiare a un coccodrillo sperando che esso lo mangerà per ultimo').
In questo riguardo, come già suggerito, Neville Chamberlain avrebbe dovuto essere nominato prima di tutti, poiché tutto è relativo. Un anno di pace deve essere stimato migliore che un week-end tranquillo.
Conclusione : Il premio per la pace non vuol più dire nulla, ma non importa. Ci sono molti che si persuadono complimentandosi che l'Europa ha ben meritato il premio. Questo neppure ha alcuna importanza né significato.
Purtroppo (se non fortunatamente) la natura umana non cambierà mai. Anche per questo si godranno sempre le opere di Chaucer, Boccaccio, Shakespeare e Molière, Hesse, Joe Blogs, Yours truly. ecc., che l'ebbero sottolineato meravigliosamente per la posterità.
Ciò che importa è piuttosto la logica che malgrado la piccolezza e la sciocchezza, o la saggezza e la grandezza dell'uomo, c'è sempre una ragione per tutto. Ciò non vuol dire in alcun modo che si tratta di una 'fatalità già scritta,' quindi 'buona.' Vuol dire che tanto nel bene che nel male avanziamo verso un obiettivo, forse anche predeterminato, senza neppure saperlo. Vuole anche dire che talvolta la vita è difficile da capire, ma è sempre molto preziosa e molto bella.
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Text © Mirino (verified by my good friend Rob WRH, with many thanks).
Use of photo with thanks (flag modified, dove added © M). October, 2012
1 comment:
Hai maledettamente ragione, il Nobel per la Pace non ha quasi più alcun senso, ed è un peccato perché è stato e ancora sarebbe (se solo i criteri di assegnazione fossero un po' più oculati...) un fattore di promozione di pace e giustizia su questo pianeta.
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